L’8 aprile 2016, presso il teatro Politeama Boglione in Bra, si è svolta la cerimonia di premiazione del Premio Nazionale per l’Umanizzazione della Medicina intitolato alla memoria di Tiziano Terzani. Il Premio- promosso dalla Scuola di Umanizzazione della Medicina e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bra – nella sua sesta edizione torna alle origini rivolgendosi ai professionisti della salute, dopo le incursioni nei campi della scuola e dell’arte cinematografica che hanno contraddistinto le edizioni del 2012 e del 2014.
L’orizzonte pratico e concettuale dell’umanizzazione delle cure nel nostro paese ha conosciuto negli ultimi anni un evidente allargamento: cura non è parola che riguardi solo più gli acuti, cura non ha nemmeno come oggetto solo più l’ammalato, ma riguarda un mondo intero di relazioni, sia affettive che professionali. Conseguentemente il concetto di umanizzazione della relazione terapeutica ha visto appannarsi il suo significato eminentemente etico-comunicativo, venendo ad abbracciare anche la dimensione dell’organizzazione delle prestazioni. Dire infatti oggi umanizzazione della medicina equivale a dire “il paziente al centro!”, ma basta? Anche il pallone è al centro del campo di gioco… ma per essere preso a calci da 22 giocatori. Così la centralità del paziente può significare tutto e niente, varia al variare del gioco prospettico entro cui è inserita: il consenso informato nasce per tutelare il diritto del paziente ad una scelta avvertita, ma può divenire lo strumento burocratico della medicina difensiva, d’altro canto la tutela del paziente impone ai professionisti della salute molti obblighi procedurali che non incoraggiano una vera alleanza terapeutica. Per mettere davvero il paziente al centro occorre mettere al centro la relazione terapeutica in tutte le sue multiformi manifestazioni, che includono l’attenzione alla dimensione culturale, il benessere degli operatori e di chi gli sta accanto. Ciò traspare dai numerosi progetti che hanno segnato la storia, ormai decennale, del Premio Terzani per l’umanizzazione della medicina – 80 i candidati a quest’edizione -, a testimonianza di come la sanità italiana, a dispetto di molte anche giuste critiche che le vengono dai mezzi di comunicazione, sia orientata molto più di quanto non si creda all’incremento non solo clinico dei suoi profili di efficacia.
E’ questa la cornice entro la quale il Premio è stato assegnato al progetto <<La “cura” del caregiver nella gestione del paziente anziano affetto da demenza: trial clinico randomizzato>> proposto dal reparto di Geriatria e Malattie Metaboliche dell’Osso e dalla struttura di Ospedalizzazione a Domicilio dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino: un progetto che mette al centro della ricerca clinica per il miglioramento terapeutico la figura rilevante – tanto più parlando di paziente anziano affetto da demenza – del caregiver, articolando questa ricerca nel quadro di un setting terapeutico peculiare, ovvero l’ospedalizzazione a domicilio, e puntando sulla valenza formativa del progetto per garantirne fecondità e trasferibilità. Si tratta infatti di un progetto che ha convinto la giuria perché sintetizza tutte le dimensioni tematiche che il Premio Terzani intende valorizzare: le sfide dell’invecchiamento della popolazione e della cronicità, il problema dal punto di vista sociale della demenza, il plesso spinoso e non ancora del tutto affrontato del carico che grava sulla famiglia e della fragilità di chi sta accanto al malato e il tema delle sfide che tutto questo pone in termini di ottimizzazione della spesa sanitaria, o meglio di come umanizzare possa coniugarsi con la miglior gestione delle risorse.
La giuria ha altresì deciso di evidenziare altri quattro progetti, riconosciuti come eccellenti tra i molti pervenuti perché valorizzano diversi aspetti delle pratiche di umanizzazione. Il <<Progetto giovani, per promuovere la normalità dei pazienti adoloscenti malati di cancro>>, proposto dal reparto di Pediatria Oncologica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, mira ad una fascia d’età ben raramente oggetto di studio e progetti specifici, coinvolgendo una molteplicità di prospettive, tanto cliniche che psicologiche che sociali.
<<L’uso della Mindfulness per i pazienti con SLA: la forza della consapevolezza>>, presentato dalla Casa Cura Policlinico di Milano, si è segnalato perché mira ad una vera e profonda personalizzazione del trattamento e alla qualità di vita in una patologia di così difficile approccio da questi punti di vista come la SLA.
Il progetto <<Diabete:istruzioni per l’uso. Progetto di attività ludica per bambini e ragazzi con diabete>>, proposto dal Centro Diabetologico e del reparto di Psicologia dell’ASL di Viterbo e da varie associazioni del territorio ( Ass. Giovani e Adulti con Diabete della provincia di Viterbo; Ass. culturale “Maniinalto”; SoCietà CooP. SoCiale “Lo StreGatto”; Ass. culturale “La metaphora”), riconosce che se la malattia – tanto più in età pediatrica – non è solo un fatto fisico, ma culturale, sociale, ecc., allora il giovane paziente dovrà essere dotato di un bagaglio fatto su misura per affrontare la malattia non soltanto dal punto di vista clinico. <<L’ambulanza dei desideri>> dell’Associazione “Avrò cura di te” di Roma intende portare in Italia l’esperienza olandese del Stichting Ambulance Wens, che realizza le ultime volontà dei malati terminali portandoli fisicamente nei luoghi e dalle persone che hanno amato di più nella vita.
Al di là dei riconoscimenti, va segnalata la qualità generale dei progetti. Ciò che ha maggiormente colpito è spettro della loro estensione, perché nelle prime edizioni del Premio il tema dell’umanizzazione veniva declinato soprattutto nell’ambito delle cure oncologiche, il Premio di quet’anno testimonia di come l’orizzonte dell’umanizzazione delle cure si sia aperto, e per esempio non riguarda più solo la malattia nelle fasi del suo sviluppo conclamato ma anche i nuovi scenari imposti dalla medicina predittiva. Certo, non deve sfuggire che il numero dei progetti e la loro varietà risponde anche alle difficoltà economiche che estenuano da anni il mondo della salute nel nostro paese, alla penuria ormai endemica di fonti di finanziamento per progetti di ricerca o assistenza. Ciononostante non si può non avvertire in questi ultimi 10 anni un’accresciuta sensibilità al problema dell’umanizzazione delle cure, segno che l’idea di istituire il Premio e, con esso, un osservatorio permanente su queste iniziative, è stata un’idea lungimirante.