
L’ottava edizione del Premio Terzani per l’Umanizzazione della Medicina non ha potuto aver luogo come previsto a fine 2020 a causa della pandemia e delle restrizioni imposte in ragione di questa, tuttavia si è rivelata, dal punto di vista dei contenuti, un’edizione estremamente interessante.
I progetti candidati hanno coperto un ampio spettro di realizzazioni e proposte ed estremamente alta è stata la qualità generale dei lavori, tanto che il processo di referaggio, per la prima volta nella storia della manifestazione, non ha dato indicazioni univoche né per il progetto vincitore né per i progetti di eccellenza (soprattutto per questi ultimi), lasciando di fatto al Comitato Organizzativo l’onere della scelta tra una rosa mai così ampia di candidati meritevoli di attenzione. In ragione di quanto detto e per dar conto dell’ottima caratura delle proposte pervenute, si è scelto di assegnare – oltre al Premio riservato al vincitore – quattro menzioni d’eccellenza, che segnalano nel loro complesso quanto negli ultimi decenni si sia ampliato il campo d’azione delle ideazioni e delle realizzazioni e come in definitiva il concetto stesso di “umanizzazione della medicina” si sia esteso, arricchito e modificato nella prassi quotidiana e nella percezione dei professionisti della salute e non solo.
Vince il Premio il «Il Progetto Giovani dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: un Laboratorio di Teatro dedicato ai pazienti adolescenti con tumore», presentato dall’Associazione Bianca Garavaglia onlus di Busto Arsizio.
Il Progetto Giovani è un modello di presa in carico globale del paziente adolescente malato di tumore unico nel suo genere: esso promuove una particolare attenzione alla vita dei ragazzi, creando spazi e progetti dedicati. Sino dal 2011 vengono realizzati laboratori ed iniziative che attraverso la creatività e l’arte (musica, fotografia, scrittura, video) da un lato offrono ai ragazzi in cura innovativi strumenti di espressione e mutuo confronto, dall’altro rappresentano per i medici e gli psicologi preziose finestre sul mondo psicologico dei ragazzi, complemento al normale percorso di supporto psicosociale. Questo progetto è già stato riconosciuto “progetto d’eccellenza” del Premio Terzani nella sesta edizione (2016) ed ha continuato a proporre realizzazioni originali: è perfettamente coerente con gli obiettivi fissati nel bando, essendo in più rivolto ad un periodo della vita, l’adolescenza, tanto cruciale quanto spesso trascurato, tanto che è preso a modello da diverse realizzazioni a livello nazionale. In esso si coniugano due aspetti cardine dell’umanizzazione della medicina, la cui combinazione rappresenta il gold standard di ciò che negli anni il Premio Terzani ha inteso valorizzare: il rapporto di reciproca dipendenza tra miglioramento della qualità delle cure e miglioramento della qualità della vita. Il progetto persegue infatti con rigore due obiettivi mutuamente dipendenti: migliorare la qualità delle cure dei pazienti (ragazzi) affinando particolari aspetti clinici come l’accesso ai protocolli di cura, il supporto psicosociale, le misure di conservazione della fertilità, la gestione dei pazienti dopo la conclusione della terapia; migliorare la qualità della vita dei ragazzi (pazienti), ovvero creare in un reparto pensato per curare i bambini spazi – stanza multifunzionale, stanza studio, stanza della musica, palestra – e progetti dedicati, per rendere il luogo di cura adatto alla vita degli adolescenti. I profili di trasferibilità, parametro rilevante nella valutazione delle candidature al Premio Terzani – essendo l’iniziativa finalizzata in prima istanza alla promozione e diffusione di buone pratiche nel segno dell’umanizzazione delle cure – sono amplissimi e d’altro canto già documentati, attribuendo al Progetto giovani, per durata qualità multidimensionalità e trasparenza, un carattere paradigmatico a livello nazionale e non solo, come certificato dalle pubblicazioni regolari su letteratura scientifica internazionale rilevante e dal sito internet https://ilprogettogiovani.org.
Sulla base delle valutazioni emerse nel referaggio si sono inoltre segnalati 4 progetti (l’ordine è del tutto casuale e non esprime una graduatoria):
«“Dopo la Terapia Intensiva”: SUpporto psicologico per PERsone Affette da covid-19 in REmissione (SUPERARE)»,presentato dalla UOC Psicologia Clinica dell’Ospedale San Paolo (ASST Santi Paolo e Carlo di Milano) e dall’Università degli Studi di Milano;
«Prendersi cura della persona adulta nel fine vita: un progetto per la pianificazione delle cure», presentato dalla SC Medicina d’Urgenza dell’ASO S. Croce e Carle Cuneo;
«Da pazienti ad attori e formatori: creare integrazione resilienza e possibilità in persone con afasia», presentato dalla Cooperativa CIRP di Torino;
«Decidere insieme. Etica e umanizzazione della sperimentazione clinica nell’era della high definition oncology», presentato dal Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università degli Studi di Milano, dall’Istituto Europeo di Oncologia IRCCS (Milano), dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano e dall’ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano.
Il progetto SUPERARE è di estrema importanza nel contesto assistenziale, clinico e scientifico degli ultimi due anni: esso si riferisce al ragguardevole impatto sociale conseguente al Covid-19, restando attuale pur se elaborato dopo la prima ondata della pandemia (primavera 2020). Il paziente viene preso in carico nella sua globalità, attivando le potenzialità residue proprie e della propria famiglia per renderlo resiliente nel ridefinire il proprio essere dopo l’evento traumatico della malattia. Apprezzabile in particolar modo la fase di verifica con indicatori traslati da altre esperienze cliniche di tipo traumatico, che valorizzano lo sviluppo del progetto. La valenza di umanizzazione è rilevante e quindi in linea con i presupposti del bando, il numero di pazienti inseriti nel progetto è adeguato e i profili di trasferibilità ampi.
Il progetto Prendersi cura della persona adulta nel fine vita rientra nel più classico novero delle realizzazioni di “umanizzazione della medicina”, d’altro canto l’accompagnamento della persona verso il fine vita rappresenta una sfida che ogni istituzione sanitaria deve perseguire quotidianamente. Esso è rilevante per la sua completezza: permette di strutturare un’organizzazione in grado da rendere sistematico l’approccio al paziente terminale, ha ottimi presupposti scientifici e concettuali ed è certamente in linea con i principi del Premio. Le azioni di umanizzazione esplicitate sono multidimensionali: dalla presa in carico del paziente e della famiglia nella fase delicata del fine vita in un contesto di emergenza vissuto spesso dai soggetti che vi accedono in modo traumatico e caotico all’attività di formazione che coinvolge tutte le figure professionali e gli ambiti dell’azienda interessati, dal coinvolgimento dei pazienti a quello delle risorse del territorio. Il progetto è disegnato con la finalità della diffusione interaziendale e di interazione con la cittadinanza, i profili di trasferibilità sono in conseguenza di ciò chiari.
Da pazienti ad attori e formatori ha ricevuto grande attenzione per la specificità del problema affrontato – l’afasia post ictus -, che è una delle principali cause di disabilità nel paziente adulto, e per il fattivo coinvolgimento di pazienti la cui esperienza diventa rilevante soprattutto nell’aiutare il paziente a re-inserirsi nella sfera socio-relazionale: non si tratta tuttavia di un progetto classico di patient engagement, ma dell’elaborazione di un autentico modello di “ponte tra l’intervento sanitario e la dimensione sociale della malattia”. Il progetto infatti disegna un percorso strutturato in quattro fasi che dal trattamento clinico-riabilitativo della malattia, portano ad affrontare le ricadute sulla dimensione relazionale ed occupazionale: valutazione della condizione individuale; interventi individuali e di gruppo per aiutare la persona nel suo ri-posizionamento sociale e ottimizzare i margini di recupero possibili; attività laboratoriali e socio aggregative progettate per allenare le abilità della sfera socio-relazionale; attivazione di progetti occupazionali e relazionali sostenibili, percorsi culturali per lo sviluppo di capabilities e diffusione di buone pratiche. I pazienti concludono il percorso diventando formatori per care giver formali e informali, trasformando l’esperienza della malattia in un’opportunità di condivisione, rinforzando altresì la partecipazione e il ruolo sociale. In questo senso è certamente originale e auspicabilmente trasferibile anche al di là dello specifico campo d’applicazione del progetto candidato.
Il progetto Decidere insieme è, al pari del precedente, un progetto di patient engagement peculiare, del momento che non si limita a promuovere l’”esperienza” del paziente in ambito assistenziale, ma la introduce nel campo peculiare ed eticamente rilevantissimo delle sperimentazioni cliniche in campo oncologico. La figura del paziente esperto nell’ambito della sperimentazione clinica – notano gli estensori del progetto – “ha trovato poca diffusione in Europa e, in particolare, nel nostro Paese. Infatti, nonostante tanto la normativa europea (Reg. UE 536/2014) quanto quella italiana (L. 3/2018) incentivino la partecipazione attiva dei pazienti nel disegno e nella valutazione etica delle sperimentazione clinica, risultano pressoché assenti iniziative che ne favoriscano la formazione in vista dello sviluppo di tali competenze. A partire da tali premesse, il progetto intende perseguire, in maniera sinergica, due obiettivi di ampia portata: promuovere un reale processo di inclusione del paziente nella pratica quotidiana della sperimentazione clinica e formare figure di pazienti esperti in campo di sperimentazione clinica oncologica, che possano fungere da patient advocates in tavoli etico-regolatori di medio-livello, favorendo così un impatto concreto della prospettiva del paziente sulla ricerca oncologica italiana”. Dunque un progetto che non intende “solo” valorizzare la figura del paziente esperto nel campo della sperimentazione clinica in campo oncologico (cosa già di per sé rara nei normali contesti clinici e per solito del tutto estemporanea) ma che, di più, mira mediante appositi percorsi formativi multidisciplinari – rivolti sia ai pazienti che ai professionisti della salute – all’“istituzionalizzazione” della prospettiva del paziente nella ricerca oncologica, obiettivo raggiungibile non semplicemente integrando sic et simpliciter la prospettiva del paziente nella sperimentazione clinica, ma “preparando” il campo con una formazione multidisciplinare e omnidirezionale, perché l’esperienza del paziente sia effettivamente compresa e valorizzata dagli sperimentatori e sufficientemente informata dalla parte del paziente da risultare effettivamente utile nel disegno e nella conduzione delle sperimentazioni. In conclusione, si tratta di un progetto in cui l’umanizzazione è conseguente all’evoluzione della stessa prassi medica, in questo caso la sperimentazione clinica, che in particolare in ambito oncologico tende a sviluppare linee terapeutiche sempre più personalizzate, e dunque rivela l’esigenza di una crescente inclusione della prospettiva del paziente, tanto attraverso l’integrazione delle preferenze e dei bisogni del paziente all’interno dell’iter sperimentale nel quale questi è arruolato, quanto attraverso la promozione della partecipazione di pazienti competenti a tavoli regolatori.
La cerimonia di premiazione avrà luogo a Bra (Cuneo) il 19 ottobre 2022 alle ore 18.00 presso l’Auditorium BPER (ex CRB) in Via Sarti.
CLICCA QUI PER SCARICARE LA LOCANDINA
CLICCA QUI PER SCARICARE IL COMUNICATO STAMPA