Laboratorio Interaziendale

L’umanizzazione delle cure intesa come asset strategico di politica sanitaria ha fatto il suo esordio nella pubblicistica istituzionale d’interesse nazionale nel Patto per la Salute2014-2016 (conferenza Stato-Regioni). In esso vengono riassunti e, per dir così, istituzionalizzati diversi orientamenti di pensiero e sensibilità che andavano facendosi sempre più spazio – tanto nell’opinione pubblica che tra consistenti fasce di addetti ai lavori –, ancorché un poco caoticamente e non senza tracce di ambiguità, sin dalla prima metà degli anni novanta; denominatore comune a questi era la valorizzazione della “centralità del paziente” quale argine tanto ad una deriva ipertecnicistica che si avvertiva nel progresso della medicina, quanto alle tendenze – intese come spersonalizzanti – di efficientamento aziendalistico del sistema sanitario nazionale così come veniva profilandosi in seguito alle riforme dell’ultimo decennio del secolo scorso e alle successive razionalizzazioni organizzative e finanziarie del primo quindicennio del secolo presente.

Quel documento innanzitutto testimonia come il tema dell’umanizzazione vada ormai sottratto alla fumosità con cui esso spesso è stato trattato negli ultimi decenni; il concetto di umanizzazione, nel momento stesso in cui viene calato in un quadro anche operativo e non solo più teorico, non può non essere giocato come sistema integrato d’interventi che coinvolge diversi livelli: “nel rispetto della centralità della persona nella sua interezza fisica, psicologica e sociale, le Regioni si impegnano ad attuare interventi di umanizzazione in ambito sanitario che coinvolgano aspetti strutturali, organizzativi e relazionali dell’assistenza” (Piano della salute 2014-2016, Art. 4); “si conviene di predisporre un programma annuale di umanizzazione delle cure che comprenda la definizione di almeno un’attività progettuale in tema di formazione del personale ed un’attività progettuale in tema di cambiamento organizzativo” (ibidem). Inoltre l’umanizzazione deve poter produrre risultati in qualche modo misurabili, se è vero che “al fine di monitorare il grado di soddisfazione dei cittadini è previsto l’utilizzo sistematico di strumenti di valutazione della qualità percepita” (ibidem) al fine di realizzare interventi di miglioramento del grado di umanizzazione di strutture e procedure.

Stando così le cose, qualsiasi programma d’intervento sensato nell’ottica dell’umanizzazione delle cure deve contenere il momento dell’analisi, quello della formazione, l’interesse al piano organizzativo, la cura dell’aspetto relazionale e anche una misurazionedel grado di coincidenza tra il momento della progettazione e l’effettivo impatto delle azioni realizzate. Multidimensionalità e misurabilità non sono tuttavia sufficienti a connotare praticamente l’umanizzazione delle cure, essa deve altresì nascere ed evolversi in un quadro partecipato e condiviso, coinvolgendo aziende, professionisti e cittadini. 

Da questo punto di vista, per declinare il tema dell’umanizzazione in un orizzonte fattivo di realizzazioni pratiche, la Scuola di Umanizzazione sta lavorando – in collaborazione con le Aziende Sanitarie AL, AT, CN1 e CN2 e con la Aziende Ospedaliere SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria e Santa Croce e Carle di Cuneo – all’istituzione di un laboratorio aziendale permanente sull’umanizzazione delle cure,  che sia occasione di confronto tra professionisti dei diversi settori delle aziende. Esso dovrà rappresentare uno spazio di lavoro comune a professionisti di diversa estrazione, uno spazio non solo di proposta, ma finalizzato alla realizzazione di azioni sperimentali e alla diffusione, implementazione e valorizzazione di pratiche già in essere nelle Aziende coinvolte, giacché una compiuta politica di umanizzazione delle cure non può che consistere in un sistema che mette in relazione piccole e meno piccole iniziative correttive e valorizza le molte competenze già presenti sul “campo”.


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